Tumori alle vie biliari: la cura è possibile. L’oncologo e chirurgo Vincenzo Mazzaferro spiega come nuovi farmaci in combinazione con la chirurgia e altre cure disponibili restituiscono la speranza ai malati.
C’è un’intera famiglia di farmaci, alcuni dei quali in sperimentazione all’Istituto Nazionale Tumori di Milano, che permette di bloccare l’evoluzione dei tumori alle vie biliari. Essi vengono impiegati quando non è possibile intervenire chirurgicamente e permettono se non la guarigione (più spesso ottenibile con l’asportazione del tumore), almeno il controllo della malattia fino all’80 per cento. Lo spiega Vincenzo Mazzaferro, esperto noto a livello internazionale nel campo del trattamento dei tumori dell’apparato digerente, in particolare delle vie biliari e del fegato. Direttore del reparto di Chirurgia Apparato Digerente e Trapianto di Fegato della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, professore ordinario in chirurgia generale per l’Università degli Studi di Milano, Mazzaferro è anche impegnato nel sostegno dei malati prima e dopo il trapianto di fegato. Ha ricevuto molti riconoscimenti tra i quali il premio Firc (Fondazione Italiana Ricerca sul Cancro) consegnato dalla Presidenza della Repubblica.
Professor Mazzaferro, che cosa si intende esattamente per tumore alle vie biliari?
Si possono immaginare le vie biliari come un albero con le foglie e le estremità dei rami che toccano il fegato, e il tronco che si congiunge con l’intestino. La bile, prodotta dal fegato, scorre dentro questo sistema di ramificazioni sempre più grandi sino al tronco che la porta all’intestino, dove è essenziale ai processi digestivi, soprattutto dei grassi e di molecole complesse come il colesterolo. Il tumore può colpire varie zone della struttura ad albero che ho descritto, prendendo nomi diversi a seconda della sede di origine: “tumore delle vie biliari intraepatiche” se è interessata la zona delle foglie, o “tumori delle vie biliari extraepatiche” o “della cistifellea” se sono interessati i canali di deflusso più grandi, che escono dal fegato e vanno all’intestino.
E il tumore di Klatskin?
E’ sempre un tumore delle vie biliari che colpisce il punto nel quale i due tronchi principali dell’albero biliare si congiungono a formare un tronco comune di scarico. Il nome è stato dato in onore del medico che per primo descrisse nel dettaglio questo tumore, nel 1965.
Immagino che le cure cambino a seconda della localizzazione…
In parte sì, in parte no. La posizione del tumore però influenza fortemente la possibilità di un intervento chirurgico, perché assieme allo scopo di rimuovere la malattia, ogni intervento ha il compito di preservare il resto dell’albero in modo da poter garantire la sua sopravvivenza e la sua funzione. A volte, non potendosi lasciare una parte sufficientemente vitale dell’albero si decide di rimuoverlo completamente e di sostituirlo con un altro, effettuando cioè un trapianto di fegato in blocco col le vie biliari che lo attraversano.
Comunque il trapianto di fegato non è l’unica soluzione.
No, infatti, è solo una di tre possibili strategie. Le altre due sono: l’intervento chirurgico di rimozione del tumore, che quando possibile garantisce i risultati migliori; e la terapia farmacologica. Quest’ultima è la novità più importante: oggi ci sono farmaci che possono rallentare e a volte bloccare la crescita del tumore.
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