Mio padre non parlava mai di tumore, ma di “lesioni epatiche”, e non perché fosse stato informato con velate verità. Aveva 66 anni quando il Prof. Mazzaferro gli comunicò: “Una notizia buona e una cattiva. Lei ha un carcinoide, ma ci sono metastasi epatiche”.
Tutto gli fu spiegato chiaramente, accompagnato da parole di speranza e così, con molta semplicità, coraggio e fierezza, cominciò a convivere con la sua malattia, seguendo con precisione le terapie e sottoponendosi con regolarità a controlli e interventi, affrontandoli sempre con grinta positiva e tanta fiducia nei medici che lo seguivano con estrema professionalità e competenza, ma sopratutto umanità, facendolo sentire una persona di famiglia.
Raccontava a tutti del Prof. Vincenzo Mazzaferro, persona di straordinario valore e spessore, che lo aveva operato più volte, ne seguiva i successi, condividendoli con amici, ma anche conoscenti, e gli si illuminavano gli occhi e gli si scaldava il cuore per l’ammirazione e la riconoscenza. Aveva apprezzato il coinvolgimento dei pazienti nell’ambito di un congresso internazionale sui tumori neuroendocrini, dove aveva avuto l’orgoglio di poter testimoniare che seguiva le terapie con successo, conducendo una vita normale e che era coinvolto e sostenuto in ogni scelta.
I controlli a Milano avevano una cadenza semestrale, e ogni volta andare in Istituto, dopo un viaggio di mille chilometri, salire a quel settimo piano, per lui, ma anche per noi familiari, era come andare a trovare dei cari parenti, perché mai abbiamo sentito l’angoscia della malattia, né il peso delle decisioni. Sempre era tutto presentato con estrema delicatezza, con garbo e affetto. E noi ci sentivamo “accolti” da tutti, come in famiglia. In particolare, io, figlia unica e medico, mi sono sentita supportata e ho potuto comportarmi, appunto, da figlia, distaccando la mente e fidandomi e affidandomi anche io totalmente, forte della consapevolezza di essere nelle mani di medici eccellenti e di grande levatura umana e morale.
A mio padre è stata regalata un’ottima qualità di vita, assieme a tanta serenità, rafforzata anche dalla capacità e dalla sensibilità della dottoressa Jorgelina Coppa, sempre disponibile, diretta, immediata ed efficiente, che si è prodigata per coordinare controlli, ricoveri e discussioni collegiali per la scelta della terapia migliore. E così aveva conosciuto (in ordine temporale) il Dott. Marchianò, il Dott. Maccauro, il Dott. Spreafico, che non erano solamente gli esecutori di una metodica, ma medici che lo avevano preso in cura, condividendo i successi delle terapie.
Dopo quasi vent’anni papà se n’è andato in silenzio e con dolcezza nella fragilità e nell’abbraccio della malattia dell’oblio, che lo ha avvolto rapidamente, senza aver mai sofferto per la sua neoplasia e senza mai essersi sentito solo.
Siamo profondamente grati anche a tutti i collaboratori del Prof. Mazzaferro, alla signora Daniela, alla signora Paola, al personale medico e paramedico, ai volontari che ci hanno accompagnato in questi lunghi anni con premura, impegno e solidarietà, rendendo naturale e leggera la gestione di una gravosa malattia.